La schiacciante vittoria di Donald Trump nelle primarie repubblicane nello Jowa, dove ha più che doppiato Ron DeSantis, secondo classificato, dice molto.
La prima cosa, la più evidente, che all’interno del suo partito probabilmente non c’è gara: vero che il primo Stato in cui si è votato è tra i più piccoli (solo 3 ML di abitanti, di cui solo 110.000 hanno votato), ma, comunque, è in grado di “influenzare” le prossime tornate. Senza considerare che, 8 anni fa, “The Donald”, nella stessa occasione, non era andato oltre il secondo posto.
La seconda che, nonostante l’assalto a Capitol Hill del gennaio 2021 e il mai avvenuto riconoscimento della vittoria di Biden, l’ex Presidente continua ad essere ritenuto, da buona parte dell’elettorato americano piuttosto credibile.
La terza, che probabilmente va oltre i confini americani, è che l’elettorato, di qualsiasi Paese, vede di buon grado “l’uomo forte”. Un aspetto che a volte prescinde dalle idee politiche che esprime. Non a caso i sondaggi danno, al momento, Biden perdente, nonostante, se guardiamo a questi 4 anni, di certo non semplici (superfluo ricordare le cose che si sono susseguite dal 2020), gli Stati Uniti si siano confermati un Paese in grado di superare i momenti più difficili, con un livello di disoccupazione ai minimi storici, un mercato azionario che nel 2023 ha arricchito molti, una leadership economica indiscussa e la capacità di indirizzare sempre e comunque le scelte di molti Paesi occidentali. Trump, evidentemente, rappresenta molto bene questo stereotipo: deciso, senza mai dubbi, spregiudicato, in grado di incarnare il “sogno americano”, ben rappresentato dallo slogan “America first”, facendo percepire il suo avversario come incapace e colluso, oltre che vecchio e stanco.
In realtà, la debolezza è un fattore comune di molti leader politici attuali: basti pensare alle difficoltà di Macron in Francia, o di Scholz in Germania o di Sunak in Gran Bretagna.
Indubbiamente, al di là della realtà che i numeri incessantemente ci dicono, buona parte degli elettori di mezzo mondo percepisce una situazione non così positiva, con un senso di precarietà diffuso, la preoccupazione per un futuro mai così incerto, la difficoltà, per molti, di far fronte all’aumento del costo della vita, con disuguaglianze sociali sempre più ampie.
E’ probabile che questo spinga, ancora una volta, pur di guadagnare il consenso, i Governi a politiche fiscali nuovamente espansive, che non faranno altro che aumentare ulteriormente il debito, cercando di evitare quei tagli che ormai in molti giudicano improrogabili (ovvero, laddove si volessero effettuare – vedi quanto sta succedendo in Germania nei confronti degli agricoltori, a cui il Governo vorrebbe togliere i sussidi per i carburanti per i mezzi agricoli – facendo scatenare proteste in grado di bloccare intere città). Oltre a “pressioni” verso le Banche Centrali affinchè procedano in tempi brevi alla riduzione delle politiche monetarie restrittive, con il rischio di annullare quanto di buono fatto nella lotta all’inflazione.
Anche, ma non solo, da questo deriva l’andamento dei mercati: che vivono, come sappiamo, molti di “attese”.
Ma le attese devono far leva su fattori concreti. Tra questi, uno in particolare può aiutare a capire quanto si è verificato nel corso del 2023 e, in parte, quanto potrebbe accadere quest’anno. La grande crescita degli scorsi anni, quando andava di moda il famoso TINA, acronimo di There Is No Alternative (ovviamente all’investimento azionario), sappiamo essere dovuta all’enorme liquidità immessa sui mercati. Una liquidità che, dall’anno scorso, è cominciata a venir meno, con l’arrivo delle riduzioni di bilancio delle Banche Centrali (ossia la vendita dei titoli pubblici precedentemente acquistati o, per lo meno, il loro mancato rinnovo in caso di scadenza). A quanto pare, però, almeno per il mercato americano, in maniera fittizia. Infatti, se da una parte la FED ha immesso sul mercato circa $ 920 MD di titoli, dall’altra i Fondi e le Case di investimento hanno “ridato” alla FED si calcola non meno di $ 1.500 MD attraverso le così dette operazioni di Reverse Repo, attraverso le quali, dietro il deposito del denaro, ricevono dalla stessa FED in cambio titoli in grado di remunerare meglio l’eccesso di liquidità (una sorta di Pronti contro Termine). Il che, per semplice differenza matematica, ha significato “nuova liquidità” per circa $ 500 MD. E pare ne rimangano in essere ancora $ 700 MD. Senza contare le dosi massicce detenute dai Fondi Monetari (si stimano, a livello globale, circa $ 5.300 MD), che, ora che i tassi inizieranno a scendere, dovranno trovare altri sbocchi per “portare a casa rendimento”.
Giornata pesante per i mercati asiatici.
Il caso più clamoroso è quello di Hong Kong, dove l’Hang Seng arretra del 4%, toccando i minimi dal novembre 2022. Leggermente meglio va a Shanghai, dove la perdita, al momento, si ferma al 2,29%. Diminuzione più contenuta per Tokyo, dove il Nikkei “lima” dello 0,40%., dopo aver toccato, nella giornata di ieri, il massimo da 34 anni.
Passo indietro anche per l’India, dove il Sensex di Mumbai perde l’1,2%.
Non bene i futures, ovunque in arretramento, con ribassi che toccano l’1% in Europa e lo 0,8% a Wall Street.
Passo indietro anche per il petrolio, con il WTI a $ 71,74 (- 1,01%).
Ulteriore calo anche per il gas naturale Usa, che torna ben al di sotto dei $ 3 (2,802, – 3,59%).
Oro a $ 2-.024 (- 0,39%).
Spread a 161,7 bp, con il BTP che torna a salire (3,82%).
Bund 2,25%.
Treasury Usa 4,05%.
Continua il rafforzamento del $, che si porta a 1,087 vso €.
“Tiene” il bitcoin, ancora intorno ai $ 42.750 (- 0,87% questa mattina).
Ps: da ieri, a Bologna, la vita è più “slow”. E’ entrato in vigore, infatti, il nuovo limite di velocità sulle strade cittadine, che non deve superare i 30km orari. Cosa che potrebbe cambiare, indubbiamente, le abitudini di molte persone. Per es, il fatto che, allungandosi i tempi di trasferimento, si abbassa la differenza con i tempi del trasporto pubblico (a meno che non si voglia correre il rischio di multe),per cui è probabile che molti opteranno per lasciare a casa la macchina. O che, annoiandosi un po’ di più in auto, l’utilizzo del cellulare, anziché diminuire (viste le nuove norme previste dal codice della strada), aumenti per far passare il tempo. Insomma, come sempre il bicchiere può apparire mezzo vuoto o mezzo pieno.